Guida alla mostra HOKUSAI sulle orme del maestro
Guida alla mostra HOKUSAI sulle orme del maestro
Si terrà fino al 14 gennaio 2018 nell’Ara Pacis di Roma la mostra dedicata agli artisti dell’arte orientale. Tra le opere ci saranno quelle di Hokusai, maestro dell’Ukiyo-e, e i suoi seguaci, tra cui Eisen, il più celebre e dotato.
Nonostante la grande onda abbia ispirato le emoticon di what’s app, c’è da dire che generalmente poco sappiamo dell’arte giapponese.
Così, visto che ritengo sia un’ottima esposizione, anche strutturalmente parlando, vi propongo una guida scritta da tenere d’occhio durante la visita, in modo da avere un certo grado di preparazione prima di andare.
Inizio con le biografie dei due artisti principali, Hokusai ed Eisen.
Hokusai nasce a Edo (attuale Tokyo) nel 1760. Non fu mai riconosciuto ai fini della successione ed è probabile che sua madre fosse una concubina. All'età di quattro anni venne adottato da una prestigiosa famiglia di artigiani, i Nakajima, fabbricanti di specchi al servizio dello shogunato Togukawa (l'ultimo governo feudale del Giappone).
Nel 1778 diventa allievo di Shunshō e adotta lo pseudonimo 'Shunrō', con il quale pubblica i suoi primi lavori. Alla morte del maestro, nel 1792, eredita la conduzione dell’atelier Tawaraya, mutando la sua firmain 'Sōri'. È in questo periodo che raggiunge un alto livello espressivo nei ritratti delle beltà dal viso allungato e nell'elaborazione prospettica del paesaggio. A partire dal 1798 adotta un linguaggio figurativo originale e indipendente da ogni stile artistico e, contemporaneamente, muta il proprio nome in quello con cui è ancora oggi noto, 'Hokusai', che utilizzerà fino al 1813.
Ad accrescere la sua fama contribuisce l'eccentricità delle sue creazioni pittoriche, e soprattutto la pubblicazione, nel periodo Taito (1810 - 1819), dei Manga, manuali di disegno per pittori professionisti e dilettanti, che realizza mentre si trova a Nagoya.Dal 1820, a sessant’anni, rinnova il suo linguaggio, firmandosi HokusaiIitsu ('di nuovo uno'). Sono gli anni delle produzioni più note, tra cui Trentasei vedute del monte Fuji con l’iconica “Grande Onda”, le serie dei ponti, delle cascate e dei grandi e piccoli fiori in cui il paesaggio diviene un genere autonomo. In questo stesso momento l’integrazione con la figura umana o animale giunge a perfezione. Nel 1834 utilizza per la prima volta il nome 'Manji' (simbolo buddhista di buon auspicio) nel primo dei tre volumi delle Cento vedute del Monte Fuji,che contiene il suo testamento spirituale. Trasferitosi nella città di Uraga,lavora alla produzione di stampe storico-letterarie. Di ritorno a Edo nel 1837, la casa con tutte le sue opere è distrutta da un incendio. Nonostante ciò,si dedica a raffigurare leoni cinesi, cosiddetti “esorcismi quotidiani”, considerati veri e propri talismani contro malattie e disgrazie. Negli ultimi anni si reca spesso a Obuse, dove realizza importanti dipinti. Muore nel 1849.
La vita e l’arte di Eisen sono documentati dagli Scritti di un vecchio senza nome del 1833, considerata la sua autobiografia. Figlio di Ikeda Shigeharu, samurai e dotato calligrafo, nasce a Edo nel 1791. Giovanissimo, perde la madre e intorno ai vent’anni, dopo la morte del padre, decide di dedicarsi all’ukiyoe. Nel 1810 diviene allievo di Kikukawa Eiji, padre di Eizan. A partire dal 1812 lavora con Namiki Gohei II (1768-1819), scrittore di drammi kabuki, componendo alcuni testi e disegnando stampe teatrali. Le prime opere includono ritratti di beltà femminile debitori dello stile di Eizan, dal quale presto Eisen si distacca proponendo figure di donne dal fisico imponente,immagini di concretezza e vitalità.
Queste vengono rappresentate con grande attenzione ai particolari,all’abbigliamento,agli accessori, al trucco e alle espressioni del volto. Ciò potrebbe spiegare perché Eisen sarà fonte di ispirazione per lo stesso Van Gogh.Dal 1830, a seguito dell’introduzione del blu di Prussia, Eisen indirizza la sua produzione verso la realizzazione di stampe con solo inchiostro blu (aizurie), caratterizzate dall'eccellenza delle gradazioni tonali, eseguite nel formato del trittico e del ventaglio rotondo.
Nel 1835 disegna ventiquattro stampe della serie [Sessantanove stazioni del] Kisokaidō.Il progetto non sarà completato: l’incarico passò ad Hiroshige.
Le serie paesaggistiche si distinguono per originalità compositiva, combinando il genere del paesaggio e quello dei ritratti di beltà in un’unica immagine. Nel 1833 redige una nuova versione delle biografie di artisti ukiyoe.
Muore il 22° giorno del 7° mese del 1848.Fu sepolto presso il Fukujuin, tempio nel cuore di Edo.
Attraverso circa 200 opere (100 per ogni rotazione della mostra per motivi conservativi legati alla fragilità delle silografie policrome) provenienti dal Chiba City Museum of Art e da importanti collezioni giapponesi come Uragami Mitsuru Collection e Kawasaki Isago no Sato Museum, oltre che dal Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, la mostra racconta e confronta la produzione del Maestro con quella di alcuni tra gli artisti che hanno seguito le sue orme dando vita a nuove linee, forme ed equilibri di colore all’interno dei classici filoni dell’ukiyoe.
Hokusai ha esplorato soggetti di ogni tipo: dal paesaggio alla natura, animali e fiori, dal ritratto di attori kabuki a quello di beltà femminili e di guerrieri, fino alle immagini di fantasmi e spiriti e di esseri e animali semileggendari.
Era uno sperimentatore che variava formati e tecniche: dai dipinti a inchiostro e colore su rotolo verticale e orizzontale, alle silografie policrome di ogni misura per il grande mercato, fino ai più raffinati surimono, usati come biglietti augurali, inviti, calendari per eventi e incontri letterari, cerimonie del tè, inviti a teatro.
I volumi dei Manga, che raggruppano centinaia di schizzi e disegni tracciati dal maestro e stampati in solo inchiostro nero con qualche tocco di vermiglio leggero, rappresentano il compendio di tanta eccentricità e genialità messa a disposizione di giovani artisti e pittori quali modelli per ogni genere di soggetto. Tra i suoi allievi ci sono Hokuba, Hokkei (1790-1850), Hokumei (1786-1868) che segnano la generazione successiva di artisti, insieme a Keisai Eisen (1790-1848), allievo non diretto di Hokusai, ma che da lui è stato influenzato, che ha determinato gli sviluppi delle stampe di bellezze femminili e paesaggio degli anni 1810-1830.
Proprio a Eisen, presentato in Italia per la prima volta in questa mostra, appartiene la bellissima e imponente figura di cortigiana rappresentata nella silografia che Van Gogh dipinge alle spalle di Père Tanguy e utilizzata anche in copertina del Paris Le Japon Illustré nel 1887.
Le Sezioni di Mostra
La mostra si compone di cinque sezioni che toccheranno i temi più alla moda e maggiormente richiesti dal mercato dell'epoca:
1. MEISHŌ: mete da non perdere
Presenta le serie più famose di Hokusai: le Trentasei vedute del Monte Fuji, le Otto vedute di Ōmi, i tre volumi sulle Cento vedute del Fuji e un dipinto su rotolo del Monte Fuji, presentato per la prima volta in Italia e in anteprima assoluta.
Questa sezione illustra le mete di viaggio e i luoghi celebri che un giapponese di epoca Edo (periodo Edo: 1608-1868, regno della dinastia Togokawa) non doveva assolutamente perdere o perlomeno doveva conoscere: cascate, ponti e luoghi naturali delle province più lontane, vedute del monte Fuji da località rinomate, locande e ristoranti e stazioni di posta lungo la via del Tōkaidō che collegava Edo (Tokyo) a Kyoto.
Non manca la "Grande Onda" di Hokusai, che si potrà apprezzare in ben due versioni differenti, che si alterneranno a metà del periodo espositivo per motivi conservativi: una proveniente dal Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, l’altra dalla collezione Kawasaki Isago no Sato Museum, così come tante altre importanti silografie della serie Trentasei vedute del Monte Fuji confrontabili in doppia versione.
Questa sezione illustra le mete di viaggio e i luoghi celebri che un giapponese di epoca Edo (periodo Edo: 1608-1868, regno della dinastia Togokawa) non doveva assolutamente perdere o perlomeno doveva conoscere: cascate, ponti e luoghi naturali delle province più lontane, vedute del monte Fuji da località rinomate, locande e ristoranti e stazioni di posta lungo la via del Tōkaidō che collegava Edo (Tokyo) a Kyoto.
Non manca la "Grande Onda" di Hokusai, che si potrà apprezzare in ben due versioni differenti, che si alterneranno a metà del periodo espositivo per motivi conservativi: una proveniente dal Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, l’altra dalla collezione Kawasaki Isago no Sato Museum, così come tante altre importanti silografie della serie Trentasei vedute del Monte Fuji confrontabili in doppia versione.
Capolavori sia per la costruzione artistica che per la qualità dell’incisione e della stampa, le 100 vedute del monte Fuji è considerato un testamento della vita dell’artista, anche grazie ai contenuti molto profondi al suo interno.
Le Trentasei vedute del Monte Fuji è una serie paesaggistica di stampe realizzata tra il 1826 e il 1833. Consiste in 46 xilografie policrome aventi come soggetto il Monte Fuji, rappresentato in condizioni meteorologiche e stagioni diverse da posti e distanze variabili. La scelta dell’artista è ricaduta sulla raffigurazione del monte Fuji per diversi motivi. Anzitutto è una delle tre montagne sacre insieme al monte Tate e al monte Haku, e proprio per il suo significato culturale e religioso rappresenta un soggetto popolarissimo in Giappone. Ha le sue radici nella credenza della Storia di un Tagliabambù e della principessa splendente secondo la quale, fin dai tempi antichi, il Monte Fuji è visto come custode della sorgente del segreto dell’immortalità. Infatti l’etimologia del nome stesso vuol dire immortale.
È questo un momento della vita di Hokusai molto difficile. Ha diversi problemi economici ai quali si aggiungono i debiti di suo nipote che è costretto a pagare. Sceglie così una montagna sacra che possa ispirare una serie tanto prolifica e fruttuosa da poter risanare i suoi conti in crisi. A quanto pare gli è andata molto bene.
La più famosa immagine della serie è conosciuta in italiano come La grande onda di Kanagawa. Rappresenta tre imbarcazioni minacciate da una grande onda con il Monte Fuji che sorge sullo sfondo. Simbolo popolare alle prime ore del mattino, nello sfondo una montagna innevata, davanti una grande onda che prende gran parte della composizione, tanto da sembrare uno Tsunami.
Probabilmente l'onda rappresentata è intesa solo come un'onda oceanica di grandi dimensioni, un’onda anomala.
Nel suo saggio per la mostra, Rossella Menegazzo ci dice che il successo di tante serie disegnate da Hokusai fu immediato e se si guarda anche alla mole di lavori realizzati durante la sua lunghissima carriera, durata una settantina d’anni, si contano circa tremila silografie policrome, duecento libri illustrati e circa mille dipinti, oltre a centinaia di disegni e schizzi preparatori. Va anche tenuto conto, in quest’ottica, che il processo creativo di stampe policrome prevedeva la presenza di un’équipe specializzata di cui faceva parte l’artista che preparava il disegno, ma non solo: vi era l’editore, senza dubbio la figura più importante, che sosteneva economicamente il progetto, ne definiva la forma e la dimensione e immetteva l’opera nel mercato; l’intagliatore, dalla cui abilità nel riportare sulla matrice di legno di ciliegio le linee del disegno dell’artista dipendeva gran parte della qualità finale della stampa, e lo dimostrano le lettere rimaste di alcuni artisti che richiedevano all’editore l’uno o l’altro intagliatore per la particolare bravura nell’incidere i nasi o i capelli di beltà; e non ultimo lo stampatore, che inchiostrava la matrice, una diversa per ogni colore proposto dall’artista a completamento dell’immagine, ottenendo secondo la sua sensibilità effetti di sfumato (bokashi) nel colore o di goffrato con la sola pressione della matrice a secco sul foglio. Tutte queste professioni segnavano il successo o il fallimento di una serie, ma rappresentarono anche la rivoluzione nel mercato dell’arte giapponese che rifletteva il profondo cambiamento sociale, politico ed economico in atto.
Sono presenti in questa sezione, ma anche nelle altre, i cosiddetti “rotoli appesi”. Un rotolo appeso è uno dei molti modi tradizionali di mostrare ed esporre la pittura e la calligrafia cinesi. Si tratta di una pergamena, di un pezzo di stoffa, orizzontale o verticale, decorata con pitture o stoffe particolari. Mostrare l'arte in questo modo permetteva al pubblico di apprezzare l'estetica dei rotoli nella sua interezza. Occorre distinguere il rotolo appeso da quello disteso, che era più stretto e spesso molto più lungo e non concepito per essere visibile tutto in una volta. La tecnica fu importata in Giappone e in Corea che hanno ciascuno le proprie tradizioni ed estetica.
I rotoli appesi sono destinati generalmente a essere esposti per brevi periodi di tempo e sono poi arrotolati per essere legati e riposti al sicuro.
Katsushika Hokusai La [grande]
onda presso la costa di Kanagawa, dalla serie Trentasei vedute del
monte Fuji, 1830-1832 circa
Silografia policroma Kawasaki Isago
no Sato Museum
Katsushika Hokusai La cascata di
Onō lungo la strada Kiso,1830-1832circa
Silografia policroma Kawasaki Isago
no Sato Museum
Katsushika Hokusai Giornata
limpida col vento del sud (o Fuji Rosso), dalla serie Trentasei vedute
del monte Fuji, 1830-1832 circa
Silografia policroma Kawasaki Isago no Sato Museum
Katsushika Hokusai Veduta
del tramonto presso il ponte Ryogoku dalla sponda del pontile di Onmaya, dalla
serie Trentasei vedute del monte Fuji, 1830-1832
Silografia
policroma Kawasaki Isago no Sato Museum
Katsushika Hokusai Il Fuji da Gotenyama presso Shinagawa sul Tōkaidō, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, 1830-1832 circa
Silografia policroma Kawasaki Isago no Sato Museum
Katsushika Hokusai Il
Monte Fuji al tramonto, 1843 Dipinto su rotolo,
Collezione privata
2. Beltà alla moda
Una serie di notevoli dipinti su rotolo e silografie policrome dedicate al ritratto di beltà femminili e cortigiane delle famose case da tè del rinomato quartiere di piacere di Yoshiwara mettono a confronto lo stile del maestro Hokusai con quello di alcuni tra i suoi allievi più famosi tra cui Gessai Utamasa, Ryūryūkyō Shinsai, Hokumei, Teisai Hokuba.
La raffigurazione di “beltà femminili (bijin) comprendeva soggetti ispirati a cortigiane, geishe, donne legate al mondo dei quartieri di piacere idealizzate e rese simbolo della moda, dell’eleganza e della seduzione. In epoca Edo queste figure segnarono la fortuna dei grandi maestri del mondo fluttuante. Per l’importanza e la diffusione che queste immagini ebbero, furono viste con sospetto dal governo shogunale che le censurò con delle riforme negli anni quaranta dell’Ottocento, interpretandole quale specchio della crescente libertà e ricchezza della classe borghese intenta a soddisfare le proprie esigenze di lusso. Il genere bijinga è rappresentato da raffinati dipinti su carta o su seta, nel formato del rotolo verticale da appendere, dalle popolari silografie policrome o costituite dal solo colore blu, in cui Eisen eccelle, realizzate anche in trittici.
Si sottolinea proprio la novità della composizione di Keisai Eisen, grande personalità nel campo del ritratto femminile, che redige un vero reportage di moda, avvolgendo le sue donne e mettendole in posa così da evidenziarne i kimono e gli obi imponenti, i tessuti raffinatissimi dai motivi ricercati, coloratissimi e sempre studiati nel particolare più minuto. Le sue beltà sono simbolo assoluto di eleganza e di moda, risultano imponenti ma allo stesso tempo realistiche.
In questo contesto è stata pensata anche una piccola ma raffinata raccolta di immagini legate alla seduzione e al mondo del piacere e dell’erotismo che mettono a confronto Hokusai ed Eisen attraverso silografie “pericolose” (abunae), in cui si intuiscono situazioni di scambio amoroso senza svelarne l’aspetto sessuale, sublimato attraverso la bellezza di stoffe e abiti che coprono i corpi e fanno sognare, e le famose pagine del volume erotico di Hokusai "Kinoe no Komatsu".
Keisai Eisen Yamashita
in Shitaya e Kōriyama in Ōshū dalla serie Paragoni di luoghi famosi
nelle province, 1818-1830 circa Silografia policroma, 38,0 × 25,7 cm
Chiba City Museum of
Art
Katsushika Hokusai Sugoroku
gioco da tavolo dei Luoghi famosi di Edo Silografia policroma
Kawasaki Isago no Sato
Museum
Keisai Eisen Totsuka:
Masuyama di Matsubaya dalla serie: Gioco del Tōkaidō con cortigiane:
Cinquantatré coppie a Yoshiwara, 1825 Silografia policroma, 37,9 × 25,6 cm
Chiba City Museum of
Art
Keisai Eisen Hisaka:
Michisode di Owariya dalla serie: Gioco del Tōkaidō con cortigiane: Cinquantatré
coppie a Yoshiwara, 1825 Silografia policroma, 38,5 × 25,6 cm
Chiba City Museum of
Art
Keisai Eisen Cortigiane
e loro assistenti presso un accampamento temporaneo, 1836 Silografia
policroma, trittico, 38.7×26.2 cm; 38.8×26.5 cm; 38.7×25.8
Chiba City Museum of
Art
Keisai Eisen Momongawa
dalla serie: Aspetti dello stile moderno, 1830-1844 circa Silografia
policroma, 37.3×24.4 cm
Chiba City Museum of
Art
Keisai Eisen Cortigiana
che indossa un abito con disegni di nuvole e dragoni, 1818-1830 circa Silografia
policroma, 72.7x24.9 cm
Chiba City Museum of
Art
3. Fortuna e buon augurio
Nel formato della silografia, di Eisen in questo caso, e attraverso una serie di undici dipinti su rotolo di Hokusai che rappresentano le divinità popolari della fortuna, si evince uno dei soggetti in voga all'epoca come portafortuna, protezione, augurio per occasioni speciali. Tutte opere esposte per la prima volta in Italia.
All’interno dell’ukiyo-e, i surimono (letteralmente: “cose stampate”) rappresentano una produzione di alta qualità commissionata da privati e destinata ad una cerchia ristretta di persone. Si tratta di biglietti augurali, calendari, annunci, inviti a raduni di circoli artistici, letterari o amatoriali per incontri poetici o in prosa. Rispetto alle stampe policrome, presentano accuratezza minuziosa nelle linee che definiscono i particolari, una coloritura sobria e delicata, nonché l’utilizzo di tecniche raffinate come il goffrato – con cui si otteneva, imprimendo la carta sulla matrice a secco senza inchiostrarla, un effetto a rilievo e arrotondato – e l’uso del colore nero lacca per rendere quasi tangibile l’effetto lucido e brillante.
In questa sezione sono presenti alcuni surimono di Hokusai realizzati nel grande formato orizzontale, che raffigurano alcune delle stazioni del Tokaido, accanto a surimono di Eisen, eseguiti nel piccolo formato quadrato, che rappresentano località, prodotti locali e soprattutto oggetti scelti per il loro valore simbolico e benaugurale legato a un preciso momento dell’anno, alle festività e, più in generale, alle credenze popolari. Per la prima volta infatti sono esposti undici rotoli dipinti facenti parte di una serie di dodici, firmati da Hokusai, che rappresentano figure di saggi di immortali, ritratti con evidente vena ironica, e figure del repertorio del teatro Kyōgen.
4. Catturare l’essenza della natura
Hokusai e allievi a confronto attraverso una serie di dipinti su rotolo provenienti dal Giappone sul tema della natura e degli animali per sottolineare i motivi classici della pittura di “fiori e uccelli” e la valenza simbolica di alcuni animali. I fiori e gli uccelli, che sappiamo aver ispirato tantissimo gli artisti europei grazie alla loro larga diffusione negli oggetti e luoghi della vita quotidiana e che in questa sezione da pitture meramente decorative diventano protagoniste delle opere. La simbologia ha una grande importanza nella cultura giapponese. Nello stesso kimono vengono utilizzati stemmi di famiglia, fondamentali per comprendere l’occasione in cui indossare un determinato indumento oppure da chi. Tra i simboli animali, troviamo il drago, la tigre, la carpa, il gallo riproposti nello stile di ciascun artista. Il drago è la divinità dell’acqua, associata a precipitazioni, a fiumi e torrenti, rappresenta la magia, nonché le virtù di coraggio e forza. Fa parte dei quattro animali sacri insieme alla tigre, la tartaruga e alla fenice. La tigre è considerata il re delle foreste in oriente, anche in questo caso ritroviamo le virtù della forza e del coraggio insieme alla longevità. Rappresenta inoltre l’autunno e il controllo dei venti, importante per un popolo come quello giapponese che si affida al mare per buona parte del proprio sostentamento. La tartaruga è un simbolo di longevità, le tradizioni orientali sostengono che la tartaruga aiuta a sostenere il mondo con il suo carapace custodendo le iscrizioni sacre che hanno generato il sistema profetico di prevedere il futuro. La fenice è simbolo di lungimiranza, la capacità di vedere oltre anche in momenti di difficoltà. La fenice rappresentava il potere e la prosperità, ed era un attributo esclusivo dell’imperatore e dell’imperatrice, che erano gli unici in tutta la Cina ad essere autorizzati a portare il simbolo della fenice. Era la personificazione delle forze primordiali dei Cieli, e talvolta veniva rappresentata con la testa e la cresta di fagiano e la coda di pavone oppure , per renderla più regale la raffiguravano con la fronte della gru, il becco dell’uccello selvatico, la gola della rondine, il collo del serpente, il guscio della testuggine, le strisce del drago e la coda di un pesce.
Nel becco portava due pergamene o una scatola quadrata che conteneva i Testi Sacri, e recava iscritte nel corpo le Cinque Virtù Cardinali.
Il gallo è il simbolo del sole. Con il suo cantare mattutino infatti, annuncia l’inizio di un nuovo giorno, è un orologio che scandisce il tempo che passa. La carpa è principalmente un simbolo di perseveranza, evoca sentimenti importanti come la fedeltà nel matrimonio e in generale la buona fortuna. In Giappone si trova nelle acque placide, ma nelle raffigurazioni è spesso in movimento, piegata ad arco, mentre affronta le onde, circondata da spruzzi. Suggeriva nell’antica cultura giapponese le virtù di un guerriero determinato ed era spesso associato alle qualità che i giovani uomini cercavano di raggiungere nella loro crescita.
Katsushika Hokusai Carpa e tartaruga, 1839Dipinto su rotolo, 99x35.5 cm (127.1 × 53.3 cm dimensioni totali)
Collezione privata
Katsushika Hokusai Tigre tra I bambù, 1839 Dipinto su rotolo, 73.0×31.5 cm
Collezione privata
Katsushika Hokusai Dragone rampante, 1846
Dipinto su rotolo, 112.6×33.5cm (192.0 × 52.0 cm dimensioni totali)
Collezione privata
5. Manga e manuali per imparare
Ai dipinti di animali e piante sono affiancati i quindici volumi a stampa più noti di Hokusai, i Manga, intesi dal maestro quali manuali di disegno per i pittori professionisti e dilettanti. I Manga rappresentano il sunto della sua arte, della sua ricerca artistica e sono la testimonianza tangibile degli espedienti creativi frutto della sua indagine finalizzata a “fermare” in immagini l’essenza della natura. Le pagine, stampate con il solo contorno nero-grigio e qualche tocco di vermiglio leggerissimo, potrebbero essere definite un’enciclopedia del mondo giapponese. Esse offrono un campionario completo di paesaggi nelle differenti condizioni atmosferiche, nelle diverse stagioni, con elementi che compongono il paesaggio come le rocce, scogli, alberi, erbe, piante, fiori, acque, uccelli, animali marini, anfibi, mammiferi e poi categorie umane, caratteri, fisionomie, classi sociali e mestieri, divertimenti e attività quotidiane, esseri soprannaturali – come mostri e fantasmi -, parabole, architetture, armi e utensili.
L’influenza che i Manga ebbero sugli altri artisti è visibile nella simile categorizzazione dei soggetti in alcune pagine del Libro Illustrato. La borsa di broccato del 1828 o della Raccolta di scritti di Shōtei del 1850, entrambi di Eisen. Il primo è una raccolta di motivi decorativi per artigiani da utilizzare su oggetti di metallo – come le guardie di spada -, su ceramiche, su lacche; il secondo riporta testi del famoso scrittore Shōtei Kinsui (1797-1862).
La serie completa dei 15 volumi di Manga di Hokusai sono esposti in questa sezione e rimandano ai tratti e alla forza che il maestro sa dare a ogni creatura che decide di rappresentare ma anche alla sua volontà di insegnare le regole della pittura ad artisti e appassionati. La raccolta di schizzi in 15 volumi fu presentata all’esposizione universale di Parigi nel 1867. Da allora è nota in tutto il mondo e tutt’ora rivela le radici del fumetto giapponese. Hokusai stesso chiamò Manga la più nota collezione dei suoi schizzi, che tuttavia sono studi di movimento ed espressione, talvolta così buffi da far parlare di disegni comici.
A fianco dei volumi di Hokusai, un album dell’allievo Shotei ripercorre i soggetti e le forme del maestro proponendo pagine simili fitte di disegni e schizzi.
Emanuela Muccigrosso
Fonti:
Emanuela Muccigrosso
Fonti:
Rossella Menegazzo (a cura di),
Hokusai, Hiroshige, Utamaro, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 22
settembre 2016 - 29 gennaio 2017), Skira, Milano 2016.
http://www.arapacis.it/sites/default/files/storage/original/application/5674c5c09b27ae3ed1f91d0acad9a886.pdf
http://www.arapacis.it/it/mostre_ed_eventi/mostre/hokusai_sulle_orme_del_maestro
wikipedia
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