IL SISTEMA
DELL’ARTE CONTEMPORANEA
Qual è il
significato e la funzione culturale, sociale ed economica dell’arte figurativa
nella situazione attuale? Qual è il rapporto fra valore estetico e valore
economico in una società in cui anche la produzione artistica tende ad essere
connotata e condizionata ormai in forma sempre crescente dal mercato alla moda?
In che misura l’interazione fra la rete internazionale delle gallerie e quelle
dei musei coincide sulle modalità creative degli artisti e su quelle della
fruizione da parte del pubblico?
Il sistema
dell’arte si è notevolmente sviluppato, le sue strutture si sono moltiplicate e
sono diventate più complesse.
Secondo Hans
Haacke “Il mondo dell’arte e i musei in particolare, appartengono a quello che
è stato definito giustamente (da Hans Magnus Ensenberger) industria della
coscienza” … “In un solo colpo, questo termine spazza via le nuvole romantiche
che avvolgono le nozioni, spesso mitiche e ingannevoli utilizzate ampiamente
per quello che riguarda la produzione, distribuzione e consumo dell’arte.” In
sostanza Haacke ci dice come il sistema dell’arte contemporanea sia il sinonimo
di industria, di mercato dove il prodotto è la coscienza stessa. Una
descrizione piena di cinismo ma tristemente vera. Andiamo ora a vedere e a
descrivere la storia del sistema dell’arte contemporaneo, dai suoi inizi.
1.
Nascita e sviluppo del mercato
Il mercato
dell’arte contemporanea nasce in Francia quando all’interno dell’accademie de
beaux arts (creata da Jean-Baptiste Colbert nel 1668), l’istituzione ufficiale
francese si creò un’opposizione tra neoclassicismo e romanticismo
destabilizzando l’idea statica che i funzionari avevano dell’arte.
Courbet, Pavillon du Realisme, Parigi, 1855.
La carriera
ufficiale doveva passare per determinate tappe e non era possibile vendere le
proprie opere autonomamente. Periodicamente l’accademie organizzava
un’esposizione delle opere degli artisti, scegliendo chi era meritevole di
parteciparvi. Chiaramente in molti non sottostavano alle rigidità imposte. Tra
questi Courbet, che nel 1855, l’anno dell’Esposizione universale di Parigi,
installò per protesta, proprio davanti l’Esposizione, il pavillon du realisme.
Nel 1863
nacque il Salon des Réfuses per idea di Napoleone III per permettere a tutti gli
esclusi di partecipare. Mentre molti artisti si rifiutarono di esporre, Manet
vi partecipò con Le déjeuner sur l’herbe diventando il capofila della nuova
generazione di artisti indipendenti: gli impressionisti. A loro si deve
l’inizio vero e proprio dell’arte contemporanea. Nel 1884 nasce un vero Salon
alternativo, il Salon des Indépendants, senza premi né giuria, organizzato
dalla Société des Artistes Indipéndants. Nel 1903 nasce a Parigi il Salon
d’Automne, indipendente ma con una giuria selezionatrice. È qui che emergono:
Fauves, Cézanne, Cubisti, De Chirico, ecc.
Catalogo Salon d'automne, Parigi 1905.
I più
importanti mercanti di questo periodo sono stati: Paul Durand Ruel per gli
impressionisti, Ambroise Vollard per Gauguin e Cézanne e Daniel Henry
Kahnweiler per il mercato del cubismo.
Cresce
l’interesse per l’arte d’avanguardia grazie all’internazionalizzazione
garantita dai mercanti ma anche grazie al successo delle vendite all’asta. Ci
si rende conto che l’arte è una realtà economica redditizia. Diventa centro
d’attenzione non solo per gli amatori, ma anche per un’ampia fascia di pubblico
proveniente dalle fasce alte che desiderava accrescere il proprio prestigio
attraverso status symbol elitari. Chiaramente anche la rete delle gallerie
d’arte contemporanea diventa sempre più ampia. Paul Rosemberg, uno dei mercanti
più prestigiosi negli anni venti, scriveva a Picasso: “I quadri sono diventati
come titoli in borsa.” Insieme a lui, contro tendenza erano anche le nuove
avanguardie: dadaisti, surrealisti e futuristi. La grande stagione speculativa
del primo dopoguerra subisce n duro colpo con la crisi del 1929. Tutto il
sistema dell’arte entra in una gravissima depressione per 5/6 anni.
Nel secondo
dopoguerra e negli anni ’50 riprende però con notevole vitalità, con sviluppi
importanti nelle gallerie di New York grazie all’Espressionismo Astratto e alla
Pop Art.
Negli Stati
uniti il momento focale per l’arte contemporanea è stato l’Armory Show del
1913. Un evento espositivo nella sessantanovesima armeria del reggimento a NY,
evento che poi si sposterà a Boston. Negli anni quaranta il mercato neyorkese
comincia a strutturarsi con vere e proprie gallerie tra cui quella di Peggy
Guggenheim e il Museum of Modern Art. Negli anni ’50 il mercante in voga era
Leo Castelli, che apre la galleria nel ’57 ospitanto Rauschenberg e Jasper
Johns. È lui il regista di buona parte dell’arte statunitense tra gli anni ’60
e ’70.
L’Italia
mantiene una situazione di relativa marginalità rispetto al mercato
internazionale fino alla svolta del 1895 anno della prima esposizione della
Biennale di Venezia che rimane ancora oggi la principale rassegna
internazionale d’arte in Italia, tra le più prestigiose al mondo. Le opere
esposte vengono scelte o tramite invito diretto, oppure tramite accettazione.
Feroci erano le critiche del primo ventennio in cui si diceva che la Biennale
non sarebbe stata altro che un mercato di anatre.
Oltre al
grande successo e afflusso turistico, la Biennale fa accrescere l’interesse
italiano per l’arte contemporanea. Crescono le gallerie importanti tra cui la
Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Biennale di Venezia 1895.
2.
Che cos’è un prodotto artistico?
Secondo le
teorie economiche l’opera d’arte è una merce particolare. Infatti, per il loro
valore incorporato e per la loro rarità e irriproducibilità, rappresentano
un’eccezione. Il livello di prezzo dipende fondamentalmente dal grado di
desiderio e dal potere d’acquisto degli acquirenti. Secondo Marx si tratta di
prezzo di monopolio.
All’inizio
qualsiasi artista ha il monopolio della sua produzione, ma le sue opere
diventano “opere d’arte” quando sono legittimate all’interno di circuiti di
valorizzazione culturale (critici d’arte, direttori e curatori museali) e di
promozione e circolazione commerciale (mercanti, collezionisti, galleristi).
Quando cioè vengono accettate ufficialmente dal mondo dell’arte e dal pubblico.
Per
determinare il prezzo ci sono diversi fattori che aiutano. L’olio su tela, ma
anche l’uso degli acrilici o tecniche miste su supporti di legno, masonite, è
considerata la tecnica per eccellenza, succeduta da tempera, acquerelli e da
disegni a penna o matita.
La
problematica di attribuzione c’è quando vengono utilizzati materiali
sperimentali per cui necessitano di particolari e personali valutazioni,
criteri diversificati. Oltretutto le installazioni o per esempio le opere
concettuali se non sono acquistate da qualcuno, vengono per lo più smantellate.
Due fattori fondamentali per la determinazione del prezzo sono la data di esecuzione
e la fama dell’artista. Se la richiesta di un’opera aumenta come la fama,
l’artista aumenta la produzione e si moltiplicano le opere dello stesso genere
le quali hanno un tasso di qualità minore rispetto ai prototipi. Ci sono, per
esempio, artisti di importanza indubitabile le cui opere hanno quotazioni più
basse, e viceversa ci sono artisti dello stesso livello con quotazioni più
alte. Ciò dipende dall’abbondanza delle opere in circolazione, dal potere delle
strutture mercantili e museali che stanno dietro a ciascun artista.
3.
Le strutture di vendita
I mercanti non
sono in realtà una categoria omogenea. Sono infatti diversificati tra loro fra
piccoli, medi e grandi mercanti ma cambia anche il tipo di target di cui
scelgono di occuparsi. Oltre al mercato ufficiale, c’è un ampio mercato non
ufficiale, “clandestino”, che sfugge ad ogni forma di controllo ed è terreno
fertile per speculatori, trafficanti, truffatori e falsari. Al di là di queste
losche figure, nel traffico clandestino possiamo trovare collezionisti, i
mediatori e i corniciai.
Prima di
parlare delle grandi gallerie, è giusto ricordare le gallerie di piccola o
media importanza, le più numerose che coprono una fascia di mercato piuttosto
ampia. Esse promuovono per lo più piccoli maestri oppure gli artisti con una
produzione commerciale più o meno gradevole. C’è da dire che la loro forza
consiste nella radicalità nel proprio territorio.
Le gallerie
che si interessano di maestri storici e di artisti di fama riconosciuta, con
quotazioni ormai consolidate a livello alto o altissimo, sono organizzate,
necessariamente, come aziende commerciali con un adeguato numero di dipendenti,
con un’ampia rete di collegamenti e collaborazioni con molte gallerie, e, nei
casi più importanti, con filiali di altre città. I loro clienti sono i
collezionisti più ricchi, le banche, le collezioni di grandi società e anche i
musei.
L’opera
d’arte, anche se prodotto particolare subisce anch’esso le strategie di
mercato. A differenza del passato, le strategie di valorizzazione di nuovi
artisti non prevedono più tempi di legittimazione lunghi, ma tempi molto brevi,
basati su investimenti consistenti, su organizzazione di mostre a tappeto in
gallerie e musei, sulla promozione a livello critico, e con logiche di
marketing attraverso i media.
Le fiere
dell’arte contemporanea rappresentano il trionfo esplicito della dimensione
commerciale che si oppone, a livello di massima visibilità, alla dimensione
culturale delle grandi manifestazioni espositive periodiche come la Biennale di
Venezia o Documenta di Kassel e a quella dell’attività espositiva dei musei. Le
fiere sono esposizioni che coinvolgono un grande pubblico con oggetti d’arte
esposti come qualsiasi altra mercanzia fieristica, in un contesto caotico, con
centinaia di stand. Tuttavia gli amatori d’arte e i collezionisti vengono presi
dal clima d’euforia e coinvolti nel gioco dei prezzi, dalle tendenze, dalla
ricerca delle novità. La prima fiera ha luogo a Colonia nel 1967 nella
Kunsthalle. Il problema delle fiere risulta quello della definizione degli
standard di qualità per cui se è troppo esclusiva l’impresa potrebbe non
decollare, ma se si accettano troppe gallerie non si riesce a mantenere alta la
qualità.
Le grandi case
d’asta internazionali e nazionali hanno assunto un’importanza cruciale
nell’ambito del sistema dell’arte contemporanea e sono le strutture che, sia a
livello finanziario che strategico, risultano le più potenti e organizzate del
mercato. La loro crescita si è sviluppata negli anni ottanta vivendo fasi di
alternata euforia. Le due maggiori case d’asta internazionali sono la Sotheby’s
e la Christie’s, incentrate a Londra e a New York. A Parigi tutte le aste si
svolgono all’Hotel Drouot che fino a poco tempo fa teneva il monopolio nella
gestione delle aste pubbliche, ma le direttive europee hanno imposto la
liberalizzazione del settore. Così Sotheby’s e Christie’s hanno aperto filiali
ponendo fine al dominio dei commissaires. In Italia la principale casa d’aste è
la milanese Finarte, nata nel 1959, ma va ricordato anche un fenomeno,
specificatamente italiano, delle aste televisive. Una potenza commerciale è la
Telemarket con sede a Brescia. L’aspetto sociologicamente rilevante è la sua
capacità di coinvolgere un pubblico di migliaia di spettatori, per lo più
lontani dal mondo dell’arte e che non hanno mai frequentato gallerie. Grazie a
una legge che regola le televendite, il compratore non dovrebbe più essere
vittima di imbrogli, ma è comunque stimolato all’acquisto, per lo più di opere
di artisti scadenti, magnificati sempre come maestri, a prezzi considerevoli in
rapporto al vero valore artistico ed economico. Nello svolgimento delle aste,
il ruolo dei battitori è di cruciale importanza. A parte l’abilità, il
battitore è in grado di utilizzare varie tattiche per far alzare i prezzi fino
al livello voluto dal venditore attraverso false chiamate in sala o annunciando
offerte per delega. Spesso avvengono anche finte vendite con lo scopo di
difendere il prezzo di un’opera oppure di gonfiare le quotazioni di un certo
artista per innescare una crescita speculativa che attiri i collezionisti.
Vendita all'asta di Christie's.
4.
La domanda. I collezionisti.
Esistono due
tipi di collezionismo. Il primo è generico e si esercita su oggetti come per
esempio scatole di sigarette, tessere telefoniche, modellini, ecc.. Il secondo
tipo di collezionismo è qualificato dal valore culturale ed economico
dell’oggetto collezionato, che va dai francobolli ai gioielli, dai libri rari
alle opere d’arte. Alla base del desiderio di collezionare c’è un’attrazione
verso il possesso di oggetti, ovvero un’esigenza di autoaffermazione della
propria identità. La condotta dei collezionisti si può dividere in due
categorie: quella di cui prevale il lato irrazionale e affettivo (si parla di
attrazione quasi patologica per il collezionare in quanto attività
soddisfacente di per se stessa), e quella in cui l’attività si svolge su
criteri razionali culturali e economici (considera coscientemente l’attività
come un mezzo per acquisire prestigio sociale, come una fonte di possibili
guadagni o come uno strumento per contribuire allo sviluppo della cultura
artistica. Negli anni settanta sono nate le “corporate art collections” ovvero
le collezioni aziendali. Fenomeno diffuso in maniera dilagante grazie alla
possibilità di detrazioni fiscali. L’arte e il patrimonio inoltre svolgono una
funzione di prestigio, contribuiscono alla qualità ambientale dell’attività
lavorativa e alla qualità della vita culturale pubblica. (rockfeller, philip
morris, cartier, deutsche bank)
5.
I musei d’arte contemporanea.
Segue un
elenco dei musei d’arte contemporanea in Europa, poi negli Stati Uniti.
Europa:
Parigi
Musée du
Luxembourg, dove sono collegate le opere dei Salon ufficiali;
Il Musée
National d’Art Moderne;
Il Musée d’Art
Moderne de la Ville;
Musée d’Orsay;
Centre
Pompidou;
Germania
La
Nationalgalerie di Berlino;
Folkwang
Museum di Essen;
Olanda
Museo di
Otterloo, costruito da Van de Velde;
Italia
Museo d’Arte
Moderna di Venezia;
Roma
La Galleria
Nazionale d’Arte Moderna;
Macro;
MAXXI;
MADRE di
Napoli;
Gran Bretagna
Tate Modern a
Londra;
Tate Gallery
di Londra;
Museo d’arte
moderna di Dublino;
Stati Uniti
NY
Museum of
Modern art;
Whitney Museum
of American Art;
Guggenheim
Museum.
Ognuno di
questi musei merita un appropriato approfondimento di cui ci occuperemo in un
secondo momento.
I musei d’arte
contemporanea non hanno più una connotazione elitaria come all’inizio, ma sono
diventati luoghi di particolare importanza anche all’interno della cultura del
tempo libero in generale. Si può dire, senza difficoltà, che l’interesse per
l’arte è direttamente proporzionale al livello di istruzione, ma che è ancora
un aspetto molto legato alle mode culturali che dai ceti alti tendono ad
allargarsi ai ceti medi. Si può aggiungere che anche il grande può incidere
sulle quotazioni di un artista nella misura in cui il suo apprezzamento può
consolidare e aumentare la sua notorietà, e dunque la desiderabilità delle sue
opere da parte di chi è in grado di acquistarle.
6.
I critici d’arte. Tra estetica e storia dell’arte
La critica
d’arte è la disciplina che ha come obiettivo fondamentale quello di formulare
giudizi di valore sulle opere d’arte, ovviamente in senso qualitativo. Per
critica d’arte s’intende solo quella che riguarda l’arte figurativa. La critica
d’arte, che è un aspetto della critica estetica, si distingue dall’estetica
perché il suo scopo è giudicare opere singole o gruppi di opere, mentre il
compito dell’estetica è studiare i problemi relativi all’esperienza del bello e
dell’arte da un punto di vista generale e teorico. In ogni caso, un giudizio
critico si basa su schemi interpretativi di ordine estetico, che variano a
seconda della formazione culturale più o meno aggiornata dei critici.
L’attività
critica deve da un lato essere vitale e creativa, dall’altro lato deve
caratterizzarsi da un’adeguata capacità di definizione delle coordinate
estetiche culturali in prospettiva storica.
Alcuni critici
che hanno fatto la storia dell’arte contemporanea sono: Denis Diderot,
Apollinaire, Baudelaire, Roberto Longhi, Lionello Venturi, Alfred Barr, Michel
Tapié, Argan, Calvesi, Zeri, Bonito Oliva e Germano Celant.
Si può dire
che le riviste specializzate di arte contemporanea hanno sempre svolto un ruolo
fondamentale, fin dall’inizio, negli sviluppi del sistema dell’arte
contemporanea, sia come strumenti di informazione critica, sia come battaglieri
organi di riflessione teorica e di promozione artistica dei gruppi e ambienti
d’avanguardia, autofinanziati o finanziati da ricchi sostenitori o da editori
d’arte. Citerò per voi qualche rivista:
“Les Soirées
de Paris” e “Sic”, sostenitrici del cubismo e delle nuove forme di letteratura
e arte; “L’esprit Nouveau”, con posizioni puriste e razionaliste e “La
Révolution Surréaliste” in Francia. In Italia invece c’erano “La Voce”, in
particolare le riviste futuriste come “Poesia” fondata da Marinetti, “Noi” e
“Valori Plastici”. Tra le altre riviste famose possiamo ricordare le tedesche
“Der Sturm” e “Das Almanach” che difendono gli espressionisti e la Bahuaus.
Le riviste
degli ultimi anni le conosciamo ma vale la pena citare “Artforum” per gli Stati
Uniti; “Il Giornale dell’Arte”, scritto e diretto da Umberto Allemandi e “Arte
e Dossier”.
Poi
chiaramente ci sono i cataloghi i quali hanno segnato e segnano, le tappe
fondamentali dei percorsi artistici dell’arte contemporanea. All’interno di
questa categoria si deve fare una distinzione fra vari tipi di cataloghi con
differenti funzioni specifiche, oltre che, naturalmente tenere conto dei
differenti livelli di qualità. In linea generale si possono definire le
seguenti tipologie: cataloghi di mostre personali o collettive in gallerie
private; cataloghi di mostre monografiche, collettive, a tema, storiche, o
sull’attualità, in spazi pubblici e in musei; cataloghi annuali sulle
quotazioni del mercato dell’arte contemporanea; cataloghi generali su tutta
l’opera di un artista morto o anche vivente.
7.
L’artista
L’artista
obiettivamente non risulta essere l’unico creatore dell’opera d’arte, ma solo
uno degli agenti nel processo di realizzazione di questo specifico prodotto
allo stesso tempo culturale ed economico, di questa speciale merce culturale. È
un’affermazione un po’ provocatoria, che nasce dalla constatazione che, nella
maggioranza dei casi, il ruolo dell’artista all’interno del sistema dell’arte
appare sempre tendenzialmente subordinato a quello dei mercanti, dei direttori
dei musei, dei critici e dei collezionisti. La situazione paradossale
dell’artista contemporaneo è che, da un lato, la sua figura viene per molti
versi mitizzata, ma dall’altro lato, per poter emergere, affermarsi ed essere
riconosciuto a livello socioculturale e socioeconomico, deve accettare di
adeguare la sua produzione ai condizionamenti del sistema.
Emanuela Muccigrosso
F. Poli, Il sistema dell'arte contemporanea, ed. Laterza, Roma, 2011.
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